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rivista semestrale

anno XXXVI - terza serie

numero 89

gennaio/giugno 2024

Selena Daly, Italian Futurism and the First World War

[University of Toronto Press, Toronto-Buffalo-London 2016 ]

Tra i contributi apparsi durante il centenario della Grande Guerra e dedicati alla cultura degli anni del conflitto, il libro di Selena Daly sul futurismo è uno dei più interessanti, non solo per l’accurata ricostru­zione della guerra vissuta e combattuta dal gruppo futurista, ma soprattutto per l’immagine critica­mente aggiornata che di essa emerge. Partendo da una serie molto resistente di luoghi comuni storio­grafici, secondo cui il futurismo fu una forza trainan­te nel dibattito sull’intervento tra l’agosto del 1914 e il maggio del 1915, Daly propone un quadro inedi­to della politica culturale del gruppo guidato da Ma­rinetti. Per molto tempo, la discussione sul futuri­smo e la guerra ha dato per scontata la versione uf­ficiale dei futuristi stessi, senza metterne in questio­ne l’efficacia, le esagerazioni e anche gli opportuni­smi. Daly compie un’operazione critica esemplare andando ad esplorare, con un ampio supporto di fonti edite e inedite, l’intercapedine che separa l’im­magine propagandata dal gruppo stesso e la realtà delle sue strategie di posizionamento all’interno del campo letterario italiano. Quella che Daly racconta è una storia nuova, fatta anche di insuccessi media­tici come dimostra l’ottima ricostruzione delle pri­me manifestazioni a favore della guerra e di tenta­tivi di orientare in una direzione meno avanguardi­sta il lavoro culturale del gruppoLa partecipazione alla prima guerra mondiale di­venta, in quest’ottica, un evento decisivo nella sto­ria del futurismo italiano non tanto perché traduce in una dimensione performativa uno dei più forti nuclei di immaginazione dei primi manifesti – Daly ridimensiona questa idea – quanto perché è la guerra a rendere veramente “popolari” i futuristi, assicurando loro una posizione finalmente centra­le nel campo e facendone i campioni della difesa della nazione italiana. Il passaggio dalla marginalità dei mesi della neutralità – Marinetti raccomandava a Cangiullo che ci si doveva preparare alla guerra «in silenzio» (p. 17) – al riconoscimento pubblico degli anni al fronte è frutto di una strategia molto recisa di riconfigurazione dell’immagine del movi­mento: volendo utilizzare le categorie della sociolo­gia della cultura di Bourdieu che forse avrebbero reso l’analisi di Daly ancora più efficace la traiet­toria dei futuristi passa da una serie di posiziona­menti da nuovi entranti, che seguono le logiche au­to-marginalizzanti dell’avanguardia, a un processo di normalizzazione e accreditamento presso un pubblico più ampio. Daly individua già nel manife­sto del dicembre del 1915 il primo passo decisivo verso un «futurismo moderato»: un obiettivo che, concretamente, Marinetti perseguirà modificando fisionomia  del suo destinatario. All’interno di questo quadro Daly legge la produzione teatrale del 1916, che si distingue sensibilmente dalle sera­te futuriste pre-belliche e che, in generale, suscitò reazioni più favorevoli sia presso il pubblico sia presso la critica: soldati che stavano attivamente combattendo al fronte non potevano essere sbeffeggiati o liquidati come provocatori. La pubblica­zione dell'”Italia Futurista “nello stesso anno consolida questa strategia di promozione di un’immagine rispettabile e moderata del gruppo proprio grazie all’operato dei suoi membri al fronte. Daly nota co­me non solo la linea della rivista converga su posi­zioni invalse nell’opinione comune, ma che anche la partecipazione di intellettuali estranei alla cer­chia dei futuristi (Quasimodo, Deledda, Negri) con­tribuì a sbiadire il ricordo del futurismo pre-bellico: la celebrazione apocalittica della guerra aveva la­sciato il posto a uno spirito più patriottico ed eroico. Ulteriore segnale di questo cambio di passo è il bestseller di Marinetti Come si seducono le donne (1917), che dismette qualunque pretesa sperimen­tale e si rivolge a una readership ampia. Ne emerge un quadro nuovo, mosso e stratificato, che invita ad esplorare il segmento successivo del­la storia del movimento, quello del pieno venten­nio fascista, con strumenti analoghi.

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